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Lunedi, 10 Novembre 2025

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La Prima Alba

Racconti di gioventù
"LA PRIMA ALBA"

La luna è ancora alta e le stelle, sopra le nostre teste, risplendono mentre scendiamo verso il lago. Al nostro passaggio i cani della Maccana abbaiano mentre dai Due Pini una civetta lancia stridule grida.
La discesa è deserta e l’ultimo tratto è immerso in un buio profondo. Attraversiamo la Provinciale, il fanalino della bicicletta non riesce a illuminare le buche del viottolo che conduce al lago. 
Un allocco grida in lontananza facendo eco ad altri richiami.
Man mano che procediamo le dita di Francesca si stringono sempre più ai miei fianchi. Mentre cerco di spingere la bici più forte possibile, la sento tremare. La immagino: occhi chiusi, cuore palpitante.
Finalmente giungiamo alla riva; nascondo la bici tra le canne e, dopo qualche insistenza, riesco a far salire Francesca in barca.
Fuori, il lago aperto, le darà maggiore tranquillità. 
Cerco di destreggiarmi per uscire dal canale zeppo di oggetti indecifrabili.
Le luci dei paesi che salgono verso il Sacro Monte assomigliano a lampadine di un gigantesco albero di Natale e la barca, avanzando sulle leggere onde, ne rompe i riflessi che, partendo dalla Schiranna, tremolanti cercano di attraversare il lago.
Francesca, seduta sul fondo, aggrappata alle fiancate della barca, mi sussurra di andarle vicino. Ritiro i remi e le siedo accanto.
Con qualche bacio e carezza cerco di dare calore a parole d’incoraggiamento.
Un ammasso di canne, terra e radici, come una nuvola scura, ci corre incontro cullandosi sull’acqua.
Un barlume sopra Varese ci distoglie dall’abbraccio.
Le stelle cominciano a spegnersi a una a una mentre la luna diventa sempre più pallida. Le luci, prima allungate, cominciano a ritirarsi verso riva. Ecco già si vedono i profili dei monti.
A riva, tra le canne, risuonano voci di animali lacustri.
La luce, a est, diventa sempre più marcata e come una macchia d’olio si spande verso il centro del cielo.
Sopra le nostre teste, un’ombra lunga: è una pattuglia di germane… seguendole in volo scopriamo, a ovest, un monte che, apparendo a poco a poco, si tinge di rosa.
Il tempo di scambiarci un bacio e uno spicchio giallo spunta dalla parte opposta allargandosi e arrotondandosi.
Sembra di essere in un grande anfiteatro: il sole lo illumina e i paesi, le colline, i monti sono gli spettatori… Francesca è nel centro ed io… in lei.
Mi stringe, mi dice parole…
E’ la prima volta.

alba-small

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Ricordo un'Estate

…da “Racconti di gioventù e di lago”
RICORDO UN’ESTATE

Il sole trascolora all’orizzonte come un fuoco che a poco a poco si spegne lanciando sulle pareti del camino gli ultimi bagliori di un’ora di caldo; dal lago sale uno sciacquio che copre le ombre: prima s’allungano, poi immobili attendono il buio, domani avranno ancora ore di sole con cui giocare.
Il bosco lancia gli ultimi saluti all’accendersi delle luminarie sui pendii e allo spegnersi del giorno.
Tuffando i piedi nell’acqua guardo i sogni sostare in cerchi che slargandosi si perdono tremolando nel lago blu.
Stridono rondini e storni posandosi tra le canne, poi s’alzano a stormo, girano al largo, puntano lontano verso il sole che, giocando fra le cime, manda gli ultimi lampi a incendiare le vetrate di una città che si prepara al silenzio.
Al davanzale della finestra Francesca, visto il segnale, col profumo di glicine negli occhi si acconcia i capelli imbevuti di gioventù e come le rondini scende verso il lago; sento il suo arrivo quando svolano garrendo piegando le canne come al vento di novembre.
Gracidano rane in concerto mentre brilla negli occhi la certezza di un dolce incontro.
Il contadino col suo carro lascia i prati della Madonnina; rimane un odore di fieno acceso da lucciole d’argento.
Il campanone chiama al saluto dell’Ave altre campane; s’aggiungono finestre sulle colline chiamandosi a raccolta: a gruppi disegnano borghi che tracciano sul versante ineguali file di brillanti. 
Cogliamo diamanti neri di more mentre leggeri pipistrelli ci sfiorano inebriandosi di moscerini, zanzare e della vicina oscurità.
Ci abbracciamo buttando alle spalle il passato parlando del domani; un campo di grano punteggiato di fiordalisi e papaveri ci attende.
Guardinga spunta la luna tra gli alti pioppi, ci saluta accarezzando il sogno d’una notte d’amore.
Ci fa sorridere l’idea d’attraversare il lago come farfalle notturne che si alzano simili ad aquiloni dal campo giallo-rosso-blu.
Una fresca brezza accompagna la sera mentre scende una carezza che intride d’umidità i nostri capelli scomposti da dolci effusioni.
Cogliamo fiordalisi tenendoci per mano e ammicchiamo alle stelle che, prima pallide, prendono ora un po’ di colore quasi fosse un bicchiere di vino a scaldarle dentro.
Spighe d’oro s’intrecciano e sfilano al nostro passaggio nella certezza di essere domani pane per una tavola felice.
I fari lanciati dalla provinciale tagliano i pioppi, illuminano i prati e come petali staccati dal vento ci tolgono dal dolce incanto: è ora di tornare.
Saliamo tra il verde e mucchi di fieno verso la Cascina Fiori. Mugghiano vacche e manzi al suono di campanacci; grida il contadino il silenzio ai cani mentre cogliamo da piante di pesco acerbi frutti di una estate ancora in fiore.
Imbocchiamo la salita; voci nelle case, musiche, angoli silenziosi, tende alzate a carpire l’ultima luce e godere un po’ di frescura; gente discorre seduta sotto porticati nel colore di gerani scarlatti, alla musica dei grilli, al grido dei bambini che giocano a nascondino consumando le ultime energie di un giorno che ha finito ormai il suo tempo.
File di lampioni ci accompagnano verso casa.
* * *
Un’altra ora di ricordi lascerà una traccia; questa giovinezza, a volte, ritorna come un sogno a cui appendere l’estate della vita nell’attesa di un autunno con il freddo dell’inverno alle porte.

 

 

estate-piccola

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"Novembre", G. Pascoli

Nuèmbar, G. Pascoli

Lüsiss l’äria, ul Su l’è inscì ciär

che te cercat anmô i mugnägh in fiur,

e nul cör te gh’heet ul sentûr

dul prunbiänch amär…

Ma secch l’è ul lazarìn, e i stechii piänt

da negar riflèss segnan ul serèn,

e vöi ul ciel, e büs al pee sunänt

al suméia ul terèn.

Silènzi, intûrna: dumà ai ventaa,

te sèntat luntän, da giardìn e órt,

un burlà-giô fragil di föi. L’è l’estaa,

fregia, di mórt.

 MG 3473

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